STORIA SELLA CASA DEL MUTILATO

La Casa del Mutilato è un edificio monumentale di valore storico e architettonico della città di Bari, sede della Sezione Provinciale e del Comitato Regionale Puglia dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra (ANMIG).

L’associazione è nata spontaneamente nell’Aprile del 1917, durante la Prima Guerra Mondiale con lo scopo di promuovere i valori della pace, della cooperazione e dell’amicizia tra gli Stati nell’auspicio della eliminazione delle guerre e di garantire sostegno reciproco attenzionando i particolari problemi che riguardavano i mutilati e gli invalidi di guerra, in relazione alle loro peculiari esigenze.

Progettata dall’architetto barese Pietro Favia (1895-1972) e costruita tra il 1935 e il 1940, l’edificio, esteso su una superficie di circa 690 mq. si trova a Bari in Via Gioacchino Murat 1.

Il 21 aprile 1940 la Casa del Mutilato è stata inaugurata solennemente dal Presidente Nazionale dell’ANMIG, Carlo Delcroix e dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Luigi Russo. Ben cinquemila mutilati delle province pugliesi e lucane insieme ai reparti militari, alle organizzazioni del regime e alle associazioni combattentistiche hanno sfilato in un grande corteo sul lungomare denominato all’epoca Corso della Vittoria.

L’architetto Favia immaginò la casa la Casa del Mutilato come la Prua di una nave nella parte anteriore, dando all’edificio un forte valore simbolico. Lo stesso termine “casa” è evocativo del luogo sicuro dove si fa ritorno, per ritrovare la quotidianità e la pace perse durante la guerra.

Nella struttura si individuano due corpi di fabbrica: quello angolare, destinato a ingresso e auditorium, e quello trapezoidale, destinato agli uffici dell’associazione.

Tra i vari ambienti interni, di grande rappresentanza risulta la Sala delle riunioni, denominata in origine “Sala delle Adunanze”: l’ambiente si sviluppa su doppia altezza ed è stato progettato per accogliere quattrocento persone. In tutto l’edificio sono presenti elementi costruttivi proveniente da territori di guerra: infatti, l’aula è pavimentata in lastre di marmo verde di Nabresina, a ricordare il terreno sul quale i soldati hanno combattuto.

Il Sacrario è un ambiente a pianta circolare avente funzione analoga a quella del sacrarium romano, come luogo di preghiera e di conservazione degli oggetti sacri. La cupola emisferica, a contrasto con il pavimento di marmo nero, è decorata con Vittorie alate, che nella mitologia greca simboleggiano la vittoria in battaglia. Le figure sono disposte su tre cerchi concentrici e diminuiscono di dimensione man mano che si allontanano verso l’alto, dando movimento all’ambiente. Le Vittorie alate hanno nella mano destra una spada, in quella sinistra uno scudo su cui è inciso il nome di una delle principali vittorie della Grande Guerra e della Guerra di Spagna.

Il grande fregio decorativo è strutturato in: una zoccolatura nera in lamiere d’acciaio assemblate con rivetti, come la carena di una nave; una fascia superiore in rame, tripartita, con al centro una fascia di spine in ferro battuto a cui si intrecciano sei terne di baionette. La fascia richiama sia il filo spinato a protezione delle trincee che la corona di spine di Cristo, evocativa del suo sacrificio che è lo stesso dei soldati che hanno combattuto in guerra.

Sotto ogni terna di baionette, nel fregio sono ricavati cinque sacelli rettangolari di cui quattro chiusi da pannelli di lamiera di acciaio celeste, forati da lettere indicanti: Eroi del Cielo, Eroi del Mare, Eroi della Terra, Eroi delle Colonie non dimenticati. L’unico sacello aperto è quello centrale che conserva un elmetto e un’urna in vetro con terra e resti di un Caduto Ignoto del Carso.

Lateralmente all’urna è collocata una statua donata negli anni ’60 che rappresenta l’invalido di Guerra in abiti civili. Simboleggia l’invalidità di Guerra che resta negli anni, il sacrificio dei Soldati nella mutilazione degli arti.

Lascia un commento